Sicuramente, vi sarà capitato più di una volta di accorgervi che durante una forte emozione, il tempo scorre in maniera diversa. Generalmente un minuto “dura” di più quando si è sotto emozione stressante, magari per un esame; mentre “vola” quando si è magari con una persona in una situazione piacevole…
La domanda sorge spontanea: ma è una mia impressione, o veramente è possibile influenzare il tempo? Di certo, un minuto è standard, e come tale dura 60 secondi, ragion per cui, non è il tempo inteso come unità di misura a cambiare, bensì le condizioni psicologiche della percezione del tempo, che ognuno di noi ha dentro.
Le emozioni costituiscono una componente importantissima della fisiologia relazionale umana, stranamente però la psicologia medica (permettetemi il termine) non gli ha prestato, sino ad ora, particolare interesse. Tuttavia, se molti studi attuali s’interessano degli stati emozionali della persona, pochi studiano la percezione temporale in stati emotivamente forti.
Che cos’è un’emozione? Come nasce?
Fisiologicamente è l’elaborazione neuronale di uno stimolo, a cui il nostro sistema nervoso dà una risposta, con una secrezione di varie sostanze, citochine ed ormoni. C’è chi, addirittura, afferma che un’emozione non nasce dai neuroni. Essi sarebbero un mezzo di comunicazione, per cui l’effetto emozionale verrebbe da un’”anima” superiore. Chi mi conosce, e conosce i miei studi, sa che per natura preferisco restare con i piedi in terra, e da uomo di scienza quale sono, posso affermare che un’emozione può essere presentata come un’alterazione dell’omeostasi psichica, che parte da un ricordo passato.
Prendiamo in esame la teoria del “foglio bianco”: se per assurdo potessimo prendere un soggetto senza memoria, un clone appena creato senza ricordi ed emozioni passate, e gli facessimo sentire un brano musicale romantico, lui sentirebbe cambiare qualcosa in sé, gli verrebbe quello che si dice un “groppo in gola”. Avvertirebbe che qualcosa è cambiato rispetto a prima. Sorgerebbe in lui un’emozione.
La percezione del tempo nei vertebrati superiori è la capacità di misurare, non in termini prettamente numerici, il passare del tempo, la successione degli eventi e l’ordine cronologico d’eventuali azioni. Il processo fisiologico che porta a tale concezione attualmente non è ben spiegato, ma certamente interessa l’encefalo in determinate aree celebrali, quali ippocampo, i lobi occipitale e frontale, il talamo, l’amigdala e il corpo calloso (quello misconosciuto).
Da studi ultimamente effettuati, parte del processo di costituzione dell’orologio interno umano è centrato nel cervelletto. Le cavie sottoposte a decerebellazione non erano più in grado di distinguere lassi ed iter temporali; in malati con deficit di quest’organo si notava la difficoltà di percepire, in termini di durata, un determinato stimolo uditivo.
Le emozioni, d’altronde, sono altrettanto sconosciute. Sono stimoli esogeni o endogeni, elaborati come significativi per alcune persone, generalmente, come gia detto, dovute a esperienze passate, quindi mediate da ricordi più o meno consci che comportano un adattamento fisiologico e psicologico del soggetto “colpito”.
Fisiologicamente sono processi mediati dal sistema nervoso, in particolare dal simpatico e para-simapatico. In particolare, il simpatico è in “diretta” connessione con aree celebrali impegnate nell’elaborazione cognitiva emozionale, quali amigdala, ippocampo e libico; d’altra parte il nervo Vago, del sistema para-simpatico, è connesso con i visceri.
Ora, secondo Platone, l’emozione derivava da tre elementi fondamentali: mente, visceri e viso (esso tripartiva l’anima in tre parti: cognizione, emozione e motivazione). La derivazione di tale ipotesi, sorgeva dalla vista degli effetti di una reazione di rabbia, per esempio; il soggetto iracondo, percepiva la rabbia (mente) storceva il viso in una espressione particolare (viso) e ne risentiva sui visceri.
Se ci pensiamo bene, ciò non si discostava tanto dalla realtà!
La fisiologica insegna, con la teoria de “l’attacco o fuga” che le modificazioni visive, e\o viscerali, altro non sono che un adattamento alla risposta di uno stress, atto alla preservazione dell’integrità della persona. Nel senso che, al tempo dell’homo sapiens, di fronte a una tigre dai denti a sciabola (emozione forte di paura) la modificazione del viso poteva mirare a incutere paura nel predatore; parallelamente, le reazioni viscero-endocrine preparavano l’organismo a una reazione d’attacco o di fuga.
L’emozione intesa come tale risiede nell’encefalo? Esiste un sistema dedicato all’elaborazione di un’emozione, o lo scatenarsi di una sensazione è l’insieme di un’elaborazione neuronale nel globale?
Sono stati scritti all’uopo numerosi testi, per indicare com’è relazionata la percezione del tempo in base ad un’emozione.
Interessante l’investigazione delle diverse percezioni tramite cognizione d’immagini e stimoli sonori di soggetti sani in un cieco e in un altro individuo con deficit del lobo frontale. Venivano somministrate immagini piacevoli e angoscianti, suoni lievi e rumori assordanti; dopo di che il paziente doveva, tramite un pulsante, accendere una luce per il tempo che egli riteneva fosse durata l’immagine. Il tutto senza orologi né cronometri, ma affidandosi solo al proprio istinto temporale.
Per lo studio sono stati scelti 28 studenti di psicologia dell’università di Parma, età media 22 anni, mentre per il gruppo “pazienti” 5 soggetti con trauma cranioencefalico passato.
54 le diapositive somministrate, divise in: diapositive molto piacevoli (materiale erotico), diapositive piacevoli (bambini e giochi), diapositive neutre (oggetti di uso vario), diapositive angoscianti (cadaveri e autopsie).
Per evitare il conteggio mentale dei secondi, ai soggetti era stato detto di concentrarsi sulle immagini, perché gli sarebbero state fatte delle domande inerenti al tipo di immagine.
Il risultato dell’esperimento porta alla constatazione che la percezione del tempo è influenzata da molti fattori variabili. In particolare, le immagini piacevoli erano percepite come molto rapide nell’esposizione temporale proposta, mentre quelle angoscianti, risultavano più durature nel tempo. Per contro, venivano ricordate meglio le immagini angoscianti, con una ricchezza di particolari maggiori rispetto alle situazioni piacevoli.
Terminando, si può affermare che stati emozionali importanti, influiscono sulla concezione dell’”Io” temporale che ognuno di noi ha dentro di sé; e, per restare in tema, la prossima volta che vedrete un fenomeno paranormale, non fidatevi della cognizione del tempo del momento, ma fate partire un bel cronometro!
MARCO GARBATI
Test tratto da Riabilitazione neurologica da “Il fisioterapista”.
Approfondimenti:
• Denes G., Pizzamiglio L., Manuale di psicologia neurologica, edizione Zanichelli, Bologna 1990.
• Ledoux J.E., Emotional memory system in the brain.