Nel passato, se accusati di stregoneria, vi era la tortura e poi il rogo. Anche in Italia. Anche in Valcamonica. Ma molti erano innocenti.
Introduzione
La Valcamonica, situata in Lombardia, è nota non solo per i suoi spettacolari paesaggi montani e le incisioni rupestri, ma anche per le storie di streghe che hanno permeato la cultura locale per secoli. Le leggende delle streghe della Valcamonica sono una parte affascinante del folklore della regione, intrecciando elementi di magia, superstizione e storia.
Le leggende delle streghe
Le storie di streghe nella Valcamonica raccontano di donne che praticavano arti magiche e che vivevano ai margini della società. Queste streghe erano spesso accusate di lanciare maledizioni, influenzare il raccolto e controllare il tempo atmosferico. Si diceva che avessero il potere di trasformarsi in animali, volare su scope e partecipare a sabba notturni nei boschi.
Il processo alle streghe
Durante il periodo dell’Inquisizione, la Valcamonica fu teatro di numerosi processi alle streghe. Nel XVI e XVII secolo, molte donne e uomini furono accusati di stregoneria e sottoposti a torture e processi sommari. Le confessioni ottenute sotto tortura portarono all’esecuzione di molte presunte streghe. Tra i casi più famosi vi è quello del 1518, quando decine di persone furono accusate di aver partecipato a sabba e riti satanici.
Storia dei processi e delle condanne
Il cristianesimo arrivò in Val Camonica già alla fine dell’Impero Romano, ma si radicò superficialmente e in modo non ortodosso. Fino al IX secolo, secondo Gabriele Rosa, le popolazioni locali continuarono a praticare culti pagani. Per combattere l’eresia, furono promulgate diverse leggi, come gli Statuti di Valle Camonica del 1498, che punivano l’eresia diabolica con il rogo, sebbene i giudici spesso mitigassero le pene.
Dal XV secolo, con la crescente diffusione di trattati demonologici (come il Malleus Maleficarum), l’Europa iniziò a vedere la stregoneria come una minaccia concreta. Le popolazioni alpine, compresi gli abitanti della Val Camonica, furono particolarmente sospettate a causa del loro isolamento, condizioni sociali e fisiche. Una lettera del funzionario veneto Giuseppe da Orzinuovi del 1518 descrive la valle come abitata da persone ignoranti e deformi, preda di superstizioni e pratiche diaboliche. Orzinuovi notava come la dura esistenza potesse spingere i valligiani alla disperazione e all’apostasia.
Le prime azioni contro le streghe in Val Camonica risalgono al 1445, quando l’inquisitore locale chiese istruzioni a Venezia. Nel 1485, l’inquisitore Antonio da Brescia denunciò l’eresia stregonica a Edolo e ottenne l’approvazione per iniziare i processi. Anche il clero locale era spesso coinvolto in pratiche eretiche, come nel caso dei tre preti arrestati nel 1499 per aver officiato messe nere.
Le persecuzioni si intensificarono nel XVI secolo. Tra il 1505 e il 1511, vi furono roghi a Cemmo e Edolo, dove furono arse sul rogo decine di persone accusate di stregoneria. Nel 1518, con la riconquista della valle da parte della Serenissima, nuovi inquisitori arrivarono nella regione. Tra giugno e luglio del 1518, furono arse tra le 62 e le 80 streghe, inclusi 20 uomini. Personaggi di spicco come Agnese “capitana delle fattucchiere” furono condannati. Tuttavia, l’opposizione delle autorità locali e papali portò alla sospensione dei processi nel 1521.
Le leggende del Monte Tonale raccontano di sabba e pratiche stregonesche. Testimonianze di processi del 1518 descrivono dettagli macabri, come confessioni di banchetti antropofagi e tempeste magiche. Nonostante queste descrizioni, alcuni osservatori, come Francesco Rovello, dubitano della realtà di questi sabba, considerandoli invenzioni.
Pisogne e le streghe
Pisogne, un comune della Valcamonica, è particolarmente noto per la sua storia legata alla stregoneria. Nel 1518, il paese fu teatro di uno dei più famosi processi alle streghe della zona, durante il quale alcune donne furono accusate di praticare la magia nera e di partecipare a sabba diabolici. Nello specifico, otto donne vennero accusate di stregoneria. Queste donne furono torturate e condannate al rogo su ordine del vicario generale dell’Inquisizione, il frate domenicano Bernardino da Como. I nomi delle sventurate donne erano Donina, Tomasina, Taddea, Perpetua, Antonia, Margarita, Isabetta e Giovanna.
Il rogo delle otto donne accusate di stregoneria fu preparato nella piazza principale del paese, che oggi è conosciuta come Piazza Vescovo Corna Pellegrini. Questa piazza, situata nel cuore del comune di Pisogne, divenne il luogo di esecuzione per queste donne, che furono condannate al rogo su ordine dell’Inquisizione. L’evento segnò profondamente la storia locale e rimane un episodio emblematico della caccia alle streghe in Valcamonica.
Le condanne nel tempo furono numerose e spesso brutali. Le presunte streghe venivano arse vive come punizione per i loro crimini. La chiesa di Santa Maria della Neve a Pisogne, con i suoi affreschi di Romanino, è testimone silenzioso di quei tempi oscuri, rappresentando un importante sito storico e culturale, emblema delle tragiche vicende del passato.
«(…) in Pisogne e in Edolo furono abbruciate nel 1510 sessanta streghe e alcuni stregoni che assaltavano huomini, donne, animali, seccavano prati, herbe, etc coi loro incantesimi. Quando furono menati al fuoco, dicevano che non lo temevano, che avrebbero fatto miracolo, loro era apparso il diavolo. Assurde accuse, ma allora i più le credevano ond’è a lodarsi la prudenza del governo di Venezia in tali occasioni (…) il vescovo Zane d’altra parte avuto eccitamenti dalla Valle Camonica, v’andò con un domenicano e predicatori e fece abbruciare alcune streghe ad Edolo.»
(Cocchetti, Brescia e sua provincia, tratto dalla Grande Illustrazione del Lombardo-Veneto, 1859).
La leggenda di Pincinella
Un personaggio legato alle streghe della Valcamonica è Pincinella, una figura leggendaria che si dice fosse una strega molto potente e temuta. Secondo le storie tramandate oralmente, Pincinella possedeva conoscenze magiche profonde e poteva controllare le forze della natura a suo piacimento. In realtà era solo una donna, vittima dell’ignoranza dei suoi tempi.
Benvegnuda Pincinella, una strega di Nave, fu una figura di spicco della stregoneria nella prima metà del XVI secolo. Arrestata a Brescia nell’estate del 1518, era già stata condannata in passato a domicilio coatto e a portare pubblicamente il segno di incantatrice. Famosa come guaritrice e maga, aveva attirato anche l’attenzione di nobili come il podestà Giustiniani, che la consultò per liberare la figlia da un maleficio.
Durante l’interrogatorio, Benvegnuda ammise senza remore di aver rinnegato Cristo e i santi, vantandosi di partecipare ai sabba sul Monte Tonale, luogo noto per riti satanici. Confessò inoltre di aver sacrificato bambini a Satana, con cui, a suo dire, si divertiva. Partecipava a giochi notturni lungo il Mella, presso Urago, che culminavano in orge e giuramenti di malefici, provocando tempeste, pestilenze e distruzione di raccolti. Però è anche vero che sotto tortura chiunque avrebbe confessato di tutto, pur di porre fine alle sofferenze. Gli strumenti utilizzati dai torturatori erano sofisticati e fantasiosi, alquanto malefici, paradossalmente. Il dolore provato da chi veniva torturato, era indicibile.
Nell’estate del 1518, la sua carriera di strega terminò con la sua esecuzione al rogo insieme ad altre sette streghe. Spesso, le cosiddette “streghe” erano persone innocenti, erboriste che toglievano lavoro ai medici, e per questo finivano per essere denunciate proprio da loro. Come sempre, certi uomini facevano del male solo in nome del dio denaro.
I luoghi del mistero
La Valcamonica è disseminata di luoghi legati alle leggende delle streghe. Tra questi, spiccano le incisioni rupestri che rappresentano figure misteriose e simboli magici. Si ritiene che alcune di queste incisioni possano essere state utilizzate durante i rituali. Inoltre, ci sono numerosi racconti di raduni segreti nelle foreste e sulle montagne della valle, dove le streghe si incontravano per praticare le loro arti oscure.
L’eredità delle streghe
Nonostante il terribile destino di molte presunte streghe, le loro storie sono sopravvissute nel folklore locale. Oggi, le streghe della Valcamonica sono viste come simboli di resistenza contro l’oppressione e la superstizione. La loro eredità continua a vivere attraverso festival locali, rievocazioni storiche e opere d’arte che celebrano la loro memoria.
Le streghe nella cultura popolare
Le leggende delle streghe della Valcamonica hanno ispirato numerosi artisti e scrittori. La loro figura è stata ripresa in romanzi, film e opere teatrali, contribuendo a mantenere viva la tradizione e a far conoscere queste storie a un pubblico più ampio. Le storie di streghe sono anche parte integrante delle tradizioni orali locali, tramandate di generazione in generazione.
Conclusione
Le streghe della Valcamonica rappresentano un capitolo oscuro ma affascinante della storia e del folklore italiano. Le loro storie ci ricordano un passato in cui superstizione e paura potevano condurre a terribili ingiustizie, ma ci offrono anche uno sguardo su una cultura ricca di miti e leggende. Oggi, la memoria delle streghe della Valcamonica continua a ispirare e a stimolare l’immaginazione, rendendo omaggio a queste figure enigmatiche del passato.
GIORGIO PASTORE
Summary
The article on the witches of Valcamonica delves into the region’s dark history of witch trials during the 16th century. Highlighting the notorious events in Pisogne, it describes how eight women were accused of witchcraft and burned at the stake in the town’s main square in 1518. It also touches upon the infamous figure of Pincinella and the broader context of witch hunts in the area. The article emphasizes the lasting impact of these events on local culture and history.