Dagli albori dell’umanità, abbiamo sempre cercato di fare due cose: esorcizzare la morte e tenere il conto di giorni, mesi, anni. Anche se nessuno vorrebbe pensarci, la morte ci riguarda tutti, perché nessuno è immortale.
Esorcizzare la morte significa cercare di riderci sopra; svuotarla di ogni connotazione negativa; accettarla. Invece, avere un calendario era fondamentale, perché fondamentale era sapere esattamente quando seminare, quando raccogliere…
Oggi tutto è più facile, perché abbiamo calendari e supermercati ovunque, ma un tempo non era così. Sbagliare i tempi dell’agricoltura significava non mangiare. Poteva essere la morte per l’intero villaggio. Per questo, ben presto divenne fondamentale trovare dei modi per cercare di tramandare nel tempo queste conoscenze. Si capì che il modo più efficace era quello di raccontare storie ai propri figli, in modo che essi potessero poi raccontarle a loro volta ai loro discendenti, magari intorno a un fuoco, prima ancora dell’invenzione della scrittura. Quest’ultima infatti avvenne 5000 anni dopo quella dell’agricoltura.
Ma torniamo a noi. Cosa c’entra questo discorso con Halloween? Presso i Celti, questa ricorrenza era chiamata Samhain e cadeva proprio nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre. Secondo questo popolo, Samhain era il periodo dell’anno in cui le barriere tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliavano, ma era anche metaforicamente il momento in cui la bella stagione moriva ed iniziava il periodo più freddo. Non a caso infatti Samhain era anche il Capodanno celtico.
Poi, in un secondo tempo, il cristianesimo cambiò le carte in tavola, come sempre. Come accadde per ogni altra festa pagana, anche Samhain sopravvisse, divenendo l’attuale commemorazione dei defunti. In America invece divenne Halloween. In particolare, la tradizione venne portata nel nuovo continente proprio dai padri pellegrini che per primi giunsero in America nel XVII secolo. Inizialmente, la famosa zucca era una rapa e, sinceramente, era anche un po’ più bruttina da vedersi. Solo in seguito divenne una zucca.
La storia era sempre quella: Jack era un ubriacone e un nulla di buono. Una sera, il diavolo decise di portare la sua anima all’inferno. Andò a trovarlo in una taverna, gli parlò e Jack sembrò accettare, ma espresse l’ultimo desiderio di bere una birra. Tuttavia, non avendo alcun soldo in tasca, iniziò a perdere tempo. Satana, per disperazione, decise di trasformarsi in una moneta, ma appena ciò accadde Jack imprigionò il diavolo in un borsello, assieme a una croce d’argento. Satana dovette così scendere a patti con il furbo ubriacone, non potendo più riacquistare la sua forma reale. Jack lo liberò, a patto che il diavolo fosse tornato a prenderlo solo dopo alcuni anni.
Dieci anni dopo, Jack stava tornando a casa e lungo un sentiero incontrò nuovamente il diavolo. Jack, ancora una volta, espresse un ultimo desiderio: quello di poter mangiare una mela. Il diavolo acconsentì e si arrampicò sull’albero per cogliergli il frutto. A quel punto, Jack incise una croce sulla corteccia, bloccando così Satana sui rami alti. Giunsero nuovamente a patti. Jack accettò di liberarlo, ma il diavolo dovette dare la sua parola che mai avrebbe voluto la sua anima all’inferno.
Passarono ancora molti anni e Jack morì di vecchiaia. Si ritrovò così davanti alle porte dell’inferno, ma il diavolo, che era pur sempre di parola, si rifiutò di farlo entrare. Anche in paradiso non l’avevano accettato. Così, a Jack non rimase altra possibilità che vagare in eterno tra i due mondi, in una sorta di limbo, nell’oscurità. Chiese al diavolo un ultimo favore: quello di illuminare la sua via. Satana gli lanciò un tizzone ardente. Jack lo prese e per non farlo mai spegnere lo mise all’interno di una rapa, svuotata del suo interno. Secondo la leggenda, ancora oggi egli vaga nell’oscurità, con la sola rapa a illuminargli il cammino.
Come abbiamo detto, questa storia è ciò che rimane dell’antica tradizione celtica. I druidi, che erano le massime cariche religiose presso i Celti, rinnovavano ogni anno il sacro fuoco e proprio in questo giorno dell’anno, il 31 ottobre, consegnavano il fuoco agli abitanti dei villaggi che, vestiti con pelli di animali, portavano il fuoco sacro nelle loro case. I travestimenti servivano a spaventare e allontanare gli spiriti maligni, proprio perché si credeva che nel giorno di Samhain i morti potessero avvicinarsi al mondo dei vivi.
Come avrete capito, il mito si fonde con la storia e con l’utilità pratica di misurare lo scandire del tempo. Oggi questa è solo una delle tante feste dell’anno e solo pochi ne conoscono le origini. Ma ancora sopravvive l’atmosfera di magia e misticismo che caratterizzava il nostro passato.
Giorgio Pastore